martedì 27 ottobre 2015

I 5 Punti del Piano delle Industrie per Contrastare i Birrifici Artigianali

I consumatori di birra artigianale stanno aumentando a dismisura. Tanti nuovi birrifici nascono ogni giorno e si vanno a sommare alle migliaia già lanciati sul mercato. I loro prodotti iniziano a essere presenti un po’ ovunque, non più solo in poche birrerie specializzate e frequentate da un pubblico di nicchia.
Il movimento artigianale internazionale è in piena espansione e anno dopo anno riesce a incrementare volumi di produzione, vendite e fatturati.
E le industrie se ne sono accorte.
Dopo un primo approccio di indifferenza nei confronti dei birrifici artigianali, negli ultimi anni stiamo assistendo a un importante cambio di strategia. Adesso le multinazionali birrarie temono questa forte ascesa delle birre artigianali, perché si è rivelata non essere un innocuo “fuoco di paglia”.
I gusti dei consumatori stanno cambiando. Le persone stanno prendendo sempre più coscienza del fatto che esiste un universo di tipologie di birra, di profumi e sapori, di storie e tradizioni, aldilà di quella brodaglia-gialla-gassata-ghiacciata-cartonata che le industrie spacciano per “birra”.
I dati parlano chiaro: ogni anno che passa, i “micro-birrifici” conquistano sempre maggiori fette di mercato e questo trend sembra essere costante e inarrestabile.
I grandi gruppi industriali stanno quindi cercando di correre ai ripari attraverso una controffensiva portata avanti su più fronti a livello mondiale.

La loro strategia non è di certo un segreto e si può facilmente esporre in questi 5 punti:
1. Creare i propri marchi di birra "quasi" artigianale.
2. Comprare i birrifici artigianali che sottraggono mercato all'industria.
3. Difendere e pubblicizzare le birre "macro", snobbando le birre artigianali.
4. Comprare i distributori per controllare la distribuzione di birra a livello nazionale.
5. Fondere le società unendo forze e capitali per travolgere il mercato.

# 1. Creare i propri marchi di birra "quasi" artigianale. 
Negli ultimi anni, le industrie di birra sono state costrette a fare i conti con l'aumento di popolarità e richiesta di birre artigianali da parte dei consumatori. Non potendo produrre vera birra artigianale, alcune aziende si stanno adoperando per creare dei prodotti che sembrano artigianali (ma che in realtà non lo sono affatto, ndr). 
Questi prodotti prendono il nome di "Crafty" Beers (o birre “pseudo” artigianali)Negli Stati Uniti un esempio lampante ci è offerto dalla Blue Moon Brewing che produce una nota birra Blanche dal 1995. Nonostante il il marketing, il packaging (sull’etichetta c’è scritto “artfully crafted”) e il prezzo immotivato (costa 50% in più delle sue “sorelle” industriali) ci facciano intendere che sia artigianale, la verità è molto diversa. Né sul sito della Blue Moon né da nessun'altra parte viene menzionato il fatto che il marchio appartenga a Coors, noto birrificio del Colorado che fa parte della Joint Venture MillerCoors, che a sua volta appartiene a SABMiller. Si tratta di un vero e proprio meccanismo di scatole cinesi.
Blue Moon era in anticipo sui tempi in quella che è divenuta nota come la categoria dei "furbi" del mondo della birra, nella quale inseriamo tutti quei produttori che a una prima occhiata sembrano piccole aziende artigianali indipendenti, ma che in realtà si rivelano essere di proprietà di grandi industrie birrarie.
Un altro esempio ci è dato dalla Shock Top: la più famosa crafty beer appartenente al gruppo AB-InBev. Nonostante si tratti di una birra industriale, secondo un recente sondaggio, ben "il 75% dei consumatori intervistati pensa che la Shock Top sia una piccola birra artigianale sconosciuta."
Questa situazione non nasce tanto dalla superficialità dei consumatori quanto dalla capacità (e volontà) delle grandi industrie di confondere le idee per competere sul mercato contro le birre artigianali.
Chiaramente, questi marchi sperano di vincere nelle vendite creando l'apparenza di "indie" e di autenticità artigianale attraverso strumenti di forte impatto psicologico ed emotivo come l’utilizzo di social media, di imponenti campagne pubblicitarie e di marketing aggressivo. Ciò nonostante, potrebbero non essere in grado di offuscare le idee dei consumatori ancora a lungo, dato che all'inizio di quest'anno è stata depositata una class-action contro MillerCoors perché reo di presentare la Blue Moon come una birra artigianale quando non lo è affatto, almeno non nei termini previsti dalla definizione della Brewers Association, che identifica un Birrificio Artigianale come un'azienda “indipendente”, “piccola” e “tradizionale”...>>>


In Italia, nell'ultimo anno sono nate molte "crafty beers" da parte delle industrie: impossibile non menzionare le quattro "Regionali" della Moretti di proprietà dell’olandese Heineken e tutta l’esilarante serie dei "3-4-5-6-7-8-9-10 Luppoli" di Poretti appartenente al gruppo danese Carlsberg
Come nel caso della Blue Moon, anche questi prodotti non sono niente di più che delle birre industriali che scimmiottano le artigianali sperando di sfruttarne la popolarità per aumentare le vendite dei rispettivi marchi. Attraverso grandi campagne pubblicitarie (adoperando anche influencers e testimonial famosi), un packaging moderno e accattivante e l'ostentato utilizzo di fantomatiche materie prime particolari, Moretti e Poretti sono entrate a gamba tesa nel mercato birrario italiano sfruttando la confusione e la scarsa conoscenza del prodotto “birra” da parte del consumatore medio. Per di più, in Italia, non esiste ancora una definizione legale e univoca di “birra/birrificio artigianale” e ovviamente, in tutto ciò, le industrie ci sguazzano.

Per protestare contro questa strategia industriale, il birrificio artigianale CR/AK di Padova (ex birrificio Olmo), ha organizzato un grande evento provocatorio che si è tenuto il 24 Ottobre in ben 48 Pub sparsi per tutta la Penisola. La serata - nominata #FacciamoUn48 - è stata pubblicizzata attraverso un “manifesto” piuttosto irriverente che ci tengo a riportare:
Ci siamo fatti prendere la mano. Ci serviva l’idea giusta per una grande birra. Abbiamo pensato ad una ‘Grand Cru’, poi ad una ‘Regionale’, ma alla fine ci siamo fatti ispirare dal maestro italiano del luppolo, il vero Angelo custode di questo ingrediente tanto blasonato, così abbiamo deciso di fare una birra con 48 luppoli! Una birra provocatoria per creare la ‘giusta confusione’ attorno alle cosiddette birre ‘crafty’ o ‘pseudo-artigianali’ che si sono dotate di pratiche commerciali quantomeno discutibili. Non sappiamo cosa accadrà, ma è la passione che ci accomuna a spingerci a credere ai sogni più improbabili. Nessuno si schiererebbe con il più debole o sosterrebbe idee che vanno controcorrente se tutto fosse razionale. Crediamo che nulla debba essere lasciato intentato per evitare che i sacrifici di tutti siano vanificati da queste ‘pseudo-birre’. Per questo, il 24 ottobre, la Guerrilla 48 Luppoli farà il suo debutto in 48 locali italiani…”.
Dulcis in fundo, un campione della birra “48 luppoli” è stato spedito anche alla fabbrica della Poretti con tanto di letterina allegata per il signor Angelo. Geniale.

# 2. Comprare i birrifici artigianali che sottraggono mercato all'industria.
Se non puoi batterli, comprali!
Sembra essere questa la filosofia che sta dietro alla strategia di AB-InBev di acquistare popolari etichette artigianali americane, come: Goose Island, Elysian, 10 Barrel, Golden Road e Blue PointAllo stesso modo SABMiller ha comprato l'inglese Meantime, mentre Duvel negli anni passati ha acquisito Achouffe e Liefmans, e in tempi più recenti si è accaparrata gli americani Ommegang, Boulevard e Firestone Walker oltre che l'olandese 't Ij. In generale, tutti questi marchi giurano di mantenere alta la qualità dei propri prodotti e la dedizione per i propri clienti, e affermano di meritare comunque l'appellativo di birrificio artigianale nonostante il cambio di proprietà.
I puristi, invece, credono che solo i birrifici piccoli e indipendenti meritino l'etichetta di "artigianale". La verità è che - tranne per rarissimi casi - il passaggio del controllo in mano alle multinazionali snatura il prodotto originale e lo piega, più o meno rapidamente, a logiche di mercato che sono lontane dalla concezione artigianale.

In ogni caso, secondo la Brewers Association, ad oggi negli Stati Uniti ci sono oltre 4.000 fabbriche di birra in attività. Si potrebbe quindi pensare che il nuovo ultra-potente AB-InBev-SABMiller non possa comprare tutti i suoi concorrenti. Questo è vero, ma allo stesso tempo il colosso mondiale della birra sta strategicamente acquistando alcuni storici birrifici artigianali "chiave", che potrebbe sfruttare per rendere estremamente difficile a tutti gli altri avere successo sul mercato.

# 3. Difendere e pubblicizzare le birre "macro", snobbando le birre artigianali.
Questa parte del piano è probabilmente la più bizzarra. Da un lato, i giganti della birra hanno acquistato diversi birrifici artigianali di rilievo e hanno creato i propri finti marchi artigianali. Dall'altro, AB-InBev ha deciso che era saggio effettuare una grande campagna pubblicitaria che ridicolizzasse le stesse birre artigianali e sostenesse la sua etichetta industriale più importante: la Budweiser.
Uno spot, in particolare, ha creato molte tensioni nel mondo della birra. Sto parlando di quello mandato in onda durante l’intervallo del Super Bowl 2015, chiamato “Bud: orgogliosamente una birra Macro". In questa pubblicità, i consumatori di birra artigianale vengono rappresentati come dei tristi “nerd” che bevono strani intrugli alla zucca o alla pesca e coccolano la loro birra o la ispezionano come degli idioti; mentre il bevitore di Bud è un figo che si diverte in compagnia e che beve birra senza troppi pensieri.
Per quel che vale, a causa del polverone che si è alzato successivamente, Budweiser ha dovuto rilasciare una dichiarazione (di circostanza) in difesa di tutti i tipi di birra, ma ormai decine di milioni di persone avevano visto quello spot in tv... L’obiettivo era stato colpito.

# 4. Comprare i distributori per controllare la distribuzione di birra a livello nazionale.
Nel bene e nel male, la selezione di bevande alcoliche in America è il risultato di un sistema a tre livelli, in cui i birrai e importatori (1°liv) devono usare i distributori (2°liv) per posizionare le loro bevande nei bar e nei ristoranti che alla fine vendono ai consumatori finali (3°liv).
I “distributori di birra indipendenti”, attraverso la National Beer Wholesalers Association hanno dichiarato: “il nostro lavoro è quello di aiutare quotidianamente i nuovi marchi ad arrivare sul mercato, al fine di garantire ai consumatori la scelta fra una vasta selezione di birre proveniente da ogni parte del paese".
Il ruolo dei distributori “indipendenti” è cruciale per il diffondersi delle birre artigianali, ma sempre più spesso viene deliberatamente sabotato dai grandi gruppi.
Negli ultimi tempi, AB-InBev sta comprando distributori in tutti gli States (fra cui due di recente acquisizione in Colorado, che è considerato un vero e proprio Stato-roccaforte per il movimento della birra artigianale dell’intero paese).
I critici sostengono che si genera un’innaturale squilibrio quando una società possiede due dei tre livelli di distribuzione. Non ci vuole un esperto per capire che ai distributori di proprietà di AB-InBev sarà permessa solo la distribuzione di marchi concordati (leggasi, solo prodotti marchiati AB-InBev), chiudendo in tal modo l’entrata sul mercato alle marche artigianali e costringendo i micro-birrifici a trovare altri mezzi di distribuzione.
A causa di ciò, Reuters ha riferito che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sta attualmente conducendo un'inchiesta su AB-InBev, sostenendo che la società stia violando le norme antitrust acquistando distributori e permettendo la vendita solo dei propri prodotti. Ma c’è di più. Il Dipartimento di Giustizia accuserebbe AB-InBev di utilizzare, allo stesso tempo, le proprie dimensioni e il proprio potere per fare pressione sui distributori indipendenti in modo da farli stare lontani dalle etichette artigianali scomode. Se fosse confermato, sarebbe una tattica vergognosa.
Dopo tutto, se diventasse difficile o impossibile trovare birre artigianali nei negozi e nei ristoranti, i consumatori non avrebbero altra scelta che bere le birre industriali di AB-InBev o le loro finte artigianali.

# 5. Fondere le società unendo forze e capitali per travolgere il mercato.
Tara Lachapelle ha scritto la scorsa settimana in una colonna di Bloomberg il perché accadono megafusioni come quella fra AB-InBev e SABMiller: "Ad un certo punto, le prospettive di crescita risultano talmente deboli da non poter essere più nascoste o compensate con altre manovre. Marchi mainstream come quelli di AB-InBev (soprattutto Bud Light e Coors Light) hanno perso quota negli Stati Uniti, cedendola alle birre artigianali. Dato che i gusti dei consumatori si stanno evolvendo e aumentare le vendite di Budweiser e Coors Light sembra impossibile, alle aziende non resta altro che cercare di compiacere gli azionisti scegliendo la strada del ‘consolidamento’, che almeno sulla carta dà l’impressione di portare a una sorta di crescita”.
Ci sono molti vantaggi competitivi nella creazione di una società di birra gigantesca. Primo fra tutti, la pubblicità. Sembrerebbe infatti che AB-InBev e SABMiller spendano un totale di 500 miliardi di dollari l'anno in sponsorizzazioni sportive, ma dal momento in cui non saranno più in competizione l’una contro l’altra avranno maggiore potere di negoziazione e, probabilmente, saranno in grado di risparmiare molto di quel denaro.
In definitiva, la fusione appena avvenuta permetterà loro di spendere molto meno di quanto avrebbero dilapidato per farsi la guerra e questo comporterà il fatto che avranno molti più soldi da investire in una causa comune (cioè nei 4 punti precedenti) e molta più forza per travolgere il mercato con i loro prodotti industriali, a scapito degli artigiani.



Fonti:
- http://www.aol.com/article/2015/10/14/exclusive-u-s-probes-allegations-ab-inbev-seeking-to-curb-craf/21249159/
http://www.bloomberg.com/news/articles/2015-10-14/if-you-don-t-know-what-else-to-do-megadeal-tara-lachapelle
- http://it.ibtimes.com/ab-inbev-compra-sabmiller-il-gigante-dai-piedi-dargilla-della-birra-si-fara-1420590
http://www.oregonlive.com/business/index.ssf/2015/01/ninkasi_brewing_opts_for_two_l.html

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