lunedì 6 luglio 2015

La Storia delle IPA (quella vera!)

Spaceman IPA by Brewfist
Se siete stati in un locale che vende birra artigianale saprete anche voi che uno degli stili di birra più in voga del momento è l'India Pale Ale, abbreviato spesso in I.P.A. (da leggere aipiei). Non mi scervellerò in questa sede sulle ragioni del suo successo, ma di seguito vi proporrò un breve resoconto della storia della sigla più famosa della birra artigianale, dagli albori ad oggi, sfatando miti sentiti e risentiti in tutti i pub. 

La maggior parte delle notizie derivano dalle ricerche del giornalista, storico e divulgatore birrario inglese Martyn Cornell.

Per cominciare facciamo un salto indietro di circa 200 anni e proviamo a capire com'era la situazione in Inghilterra nei primi anni dell'Ottocento. 
Se foste entrati in un pub e aveste chiesto genericamente una “beer”, vi sareste visti servire una Porter, la birra più bevuta dalla classe lavoratrice inglese. Era scura e ben luppolata: il nome beer, infatti, si ricollega alla tradizione continentale di definire “birra” una bevanda derivata dalla fermentazione del malto d'orzo e aromatizzata esclusivamente con il luppolo (si pensi al Reinheitsgebot bavarese). 
Se, al contrario, aveste chiesto una “ale” vi sarebbe stata servita una Mild. La radice di ale deriva da una parola delle popolazioni germaniche che indicava un prodotto fermentato a base di cereali, in cui però non veniva necessariamente aggiunto il luppolo. Il termine Mild, invece, significa dolce/mite/blando e nasce proprio per indicare una birra più chiara e meno amara rispetto alle Porter (a causa di una minore luppolatura e della mancanza di malti neri torrefatti); il colore delle Mild variava da giallo dorato a ramato carico e si potevano bere senza dover aspettare una lunga maturazione.
Da una costola delle ale nacquero le pale ale, di colore più chiaro e maggiormente luppolate rispetto alle prime. Nei pub erano identificate col nome di Bitter (traducibile letteralmente in amaro) e venivano servite dopo una maturazione di alcuni mesi. 
Bass & Co. Brewery, Burton upon Trent
Le pale ale di maggiore successo erano quasi tutte prodotte nella cittadina di Burton upon Trentnello Staffordshire; l'acqua dei pozzi di Burton era, infatti, particolarmente ricca di solfati e questa peculiarità andava ad esaltare le caratteristiche dello stile. 
Ogni birrificio produceva Bitter in diverse versioni, da quelle più leggere a quelle più forti: la versione più estrema era quella delle Stock Pale Ale, birre pesantemente luppolate e di gradazione alcolica più elevata, da far maturare 12 mesi ed oltre. 
Tutte queste birre luppolate erano più care delle Porter e delle Mild ed andavano molto di moda tra le classi benestanti, che le usavano per distinguersi dalla massa...>>>

The Bow Brewery in 1827:
picture from the Museum of London
Non tutte le pale ale, però, venivano prodotte a Burton. All'estremità orientale di Londra, al confine fra Middlesex ed Essex, la Bow Brewery (fondata nel 1752 da George Hodgson e condotta dal figlio Mark Hodgson a partire dal 1811) era uno dei minuscoli birrifici che si cimentava in queste produzioni lontano dai pozzi della cittadina dello Staffordshire. 
Era una delle tante, probabilmente neanche una delle migliori, ma la fortuna della Bow Brewery fu quella di essere collocata molto vicina ai moli dove attraccavano le navi della Compagnia delle Indie Orientali. Quest'ultima importava spezie e materie prime dalle colonie asiatiche, ma nel viaggio di ritorno verso l'India riempiva la stiva di beni da rivendere ai coloni. Tra le varie merci c'era anche la birra. La Compagnia (i capitani e i comandanti delle navi in qualità di privati cittadini, ndr) scelse di spedire quella di Hodgson perché, da una parte, era poco interessata a rivendere in India nomi altisonanti e, dall'altra, ricercava il prezzo più conveniente possibile per i propri traffici. Il caso volle che il birrificio di Hodgson si trovasse a sole 1,3 miglia in linea d'aria dagli ormeggi utilizzati dalla Compagnia (che si trovavano a Blackwall, sul Tamigi, a 3 miglia a est di Londra). La vicinanza del birrificio abbatteva di fatto i costi di trasporto e per di più Hodgson era l'unico che concedeva credito fino a 18 mesi. 

Oltre alla propria Porter e ad una pale ale leggera, il birrificio fece spedire (almeno dal 1790) anche la propria Stock pale ale. Nei tre/quattro mesi di viaggio quest'ultima subì un'intensa accelerata della maturazione grazie ai lenti ma graduali cambiamenti di temperatura della traversata e agli sballottamenti subiti all'interno delle botti di rovere. Il viaggio turbolento la fece arrivare a destinazione in una condizione simile a quella conseguente ad una maturazione di diversi anni. 
All'arrivo di questa birra, i coloni impazzirono letteralmente definendola la migliore mai bevuta da quelle parti e dando inizio a quella che sarebbe diventata una vera e propria leggenda. 
Il successo della Stock di Hodgson spinse La Compagnia delle Indie ad aumentare gli ordini e in breve tempo la Bow Brewery quadruplicò la sua produzione.

Samuel Allsopp & Sons Brewery, Burton upon Trent
Nel 1821, la conduzione del birrificio passò nelle mani di Frederick Hodgson e Thomas Drane, che decisero di non affidare più le proprie birre alla Compagnia delle Indie Orientali, ma di curare personalmente le spedizioni (verosimilmente in cerca di un più alto margine di guadagno). 
La Compagnia, allora, si rivolse al 42enne Samuel Allsoppuno dei birrai più famosi di Burton -, al quale venne chiesto di replicare la birra prodotta da Hodgson. 
Nel 1822, Allsopp riuscì a copiare con successo la birra di Hodgson e l'anno successivo salpò per l'India la prima pale ale di Allsopp, seguita successivamente a ruota da quelle di altri famosi birrifici di Burton (Bass e Salt, in primis).

Pubblicità di una "East India pale ale",
Sydney Gazette - 29 agosto 1829
Il più antico riferimento alle pale ale destinate alle colonie inglesi, in cui si utilizza la dicitura "India Pale Ale", risale a Sabato 29 Agosto 1829 e si trova in un annuncio pubblicitario australiano del Sydney Gazette and New South Wales Advertiser. In precedenza, si era sempre parlato genericamente di pale ale o, al più, di “pale ale as prepared for India”, “India ale”, “pale India ale” o “pale export India ale”. Con la nascita di un nome univoco, passarono pochi anni prima che anche i clienti dei pub della madre patria iniziassero ad apprezzare e a bere questo genere di birra.
India Pale Ale divenne ben presto un nome alla moda e andò a rimpiazzare le Extra Special Bitter in molte delle produzioni di pale ale più alcoliche e luppolate dei birrifici inglesi.

Bass pale ale
Nel biennio 1832-1833, l'esportazione di India Pale Ale era dominata da Bass (col 43% delle quote di mercato), seguito da Hodgson (28%) e da Allsopp (12%). Questo permise alla Bass Pale Ale di diventare uno dei brand di maggiore successo del periodo. 

Un momento di fondamentale importanza per la storia delle IPA si ebbe nel 1839. In quell'anno, infatti, arrivò la ferrovia a Burton upon Trent e ciò permise collegamenti nazionali molto più rapidi e un trasporto molto più sicuro della bevanda. 
La prima stazione ferroviaria di Burton (1839)

Se prima era necessaria una settimana di viaggio, ora bastavano solamente 12 ore per riversare le birre di Burton nella capitale inglese. Questo segnò l'inizio della fine per la Bow Brewery e determinò il dominio definitivo dei birrifici di Burton su quel segmento di mercato, a Londra come in India.

E' interessante notare che, durante il corso dell'Ottocento, nessun birraio reclamò mai la paternità della scoperta di un nuovo stile più alcolico e più luppolato destinato all'esportazione verso est, nemmeno Hodgson. Nonostante tutto, nel 1869, tal William Molyneaux affermò che:
“L'origine della India Ale è accreditata secondo l'opinione comune ad un birraio di nome Hodgson, che [...] scoprì il processo di produzione di una bevanda particolarmente adatta al clima delle Indie Occidentali e che, sotto il nome di “India Pale Ale”, monopolizzò il mercato indiano di birra inglese. [...] Il birrificio in cui la pale ale fu prodotta per la prima volta, secondo la credenza comune, fu la Old Bow Brewery.”
Fu la prima volta che qualcuno sostenne che I.P.A. fosse uno stile inventato ex novo appositamente per le colonie, andando così a mitizzare e a semplificare la nascita dello stile stesso. Questa versione ebbe talmente tanto successo che si diffuse molto rapidamente ed, ancora oggi, è la spiegazione più in voga in quasi tutti i pub e birrifici; persino in molte pubblicazioni di settore risulta essere la versione più accreditata. Lo stesso Martyn Cornell, però, usa il proprio blog principalmente per sfatare questo falso mito.

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Ma com'era fatta una I.P.A. Ottocentestesca?
Era più chiara, più secca e più amara rispetto alle altre pale ale. La luppolatura - secondo un manuale del 1840 - doveva essere di 5 libbre e un terzo per barile (circa 2,5 kg di luppolo ogni 164 litri). 
Oltre a queste quantità, si aggiungeva poi del luppolo fresco direttamente nel cask (dry-hopping). La varietà di luppolo più usata dai birrai, a cominciare da Hodgson, era l'East Kent Goldings. Venivano inoltre selezionati i malti "pale" più chiari e la densità iniziale (O.G.) oscillava tra 1065 e 1080. La gradazione alcolica viaggiava intorno ai 6,5% abv, quindi non più alta di quella di molti altri stili dell'epoca. L'elevata attenuazione eliminava quasi ogni residuo zuccherino; infine, la fermentazione in vasche aperte e la maturazione in botti di legno determinavano la contaminazione del mosto da parte di lieviti selvaggi (brettanomiceti), che andavano ad aggiungere all'aroma di luppolo dei distintivi sentori di cuoio. Il suo prezzo era doppio rispetto a quello di Porter e Mild, ed in ogni caso era più alto di tutte le altre pale ale.

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Con l'inizio del Novecento iniziò il lento declino dello stile: la Prima Guerra Mondiale comportò un incremento del costo delle materie prime, ma soprattutto un aumento della tassazione per sostenere lo sforzo bellico. Dato che la tassazione era direttamente proporzionale alla gradazione alcolica, i birrifici inglesi cominciarono a ridurre il grado alcolico delle proprie birre per pagare meno imposte. 
Di fatto, in questo periodo, le India Pale Ale erano pressoché paragonabili a delle Extra Special Bitter o, addirittura, in alcuni casi alle Best Bitter. A questo dato va aggiunta anche una sensibile mutazione dei gusti dei consumatori, che smisero di ricercare le birre più amare. 
The Brewer's Art,
Whitbread & Co - 1948,
1st Edition
A cavallo fra le due guerre mondiali, quindi, le IPA cessarono di avere appeal: tant'è che, nel 1948, nel libro “The Brewer's Art” di Whitbread si arrivò a sostenere che il termine India Pale Ale era oramai “quasi del tutto obsoleto”. 
Dopo la fine della seconda guerra mondiale rimasero infatti solo alcuni - molto pochi - rappresentanti dello stile originale, sia in madre patria che nelle ex-colonie (Australia, Canada, Stati Uniti...). 

I giorni di gloria delle IPA erano ormai finiti. 

Tutt'oggi, in Inghilterra, è ancora possibile trovare pochi esempi di birre che si ispirino alle vecchie ricette: oltre alla IPA di Meantime, si possono citare la Old Empire di Marston, la Proper Job IPA di St. Austell e la Export Strenght IPA di Greene King.

Il ritorno alla ribalta della sigla lo si deve però al Rinascimento birrario americano cominciato a cavallo fra gli anni '70 e '80 dello scorso secolo. 
Celebration Ale by Sierra Nevada.
Uno dei primi esempi di American IPA,
fatta con Cascade, Centennial e Chinook
Bert Grant, uno scozzese che cominciò a produrre birra nel 1982 a Yakima (nello stato di Washington), fu uno dei primi pionieri della moderna American IPA (AIPA) nonché il fondatore del primo brewpub americano dall'epoca del proibizionismo. Egli propose, per la prima volta, una birra molto luppolata utilizzando varietà americane che venivano coltivate negli stati di Washington, Oregon e nord della California; tuttavia, la birra a cui in seguito i birrai americani si ispirarono maggiormente per la rinascita delle IPA fu, con tutta probabilità, la Celebration Ale di Sierra Nevada, lanciata nel 1981. 
Più di trent'anni fa si misero, quindi, le basi per quella moda che negli ultimi anni si è imposta nel mondo della birra artigianale grazie all'esplosiva ed innovativa aromaticità di molti luppoli americani (capaci di donare intensi aromi erbacei, resinosi, balsamici, di agrumi e frutta tropicale) e caratterizzanti anche nel forte contributo amaricante. 
Da questa nuova versione dello stile, sono nate negli ultimi anni molte altre sotto-categorie di successo, come: Double IPAImperial IPABlack IPAWhite IPARye IPA. Tutti questi nuovi "rami" della IPA si sono diffusi inizialmente negli Stati Uniti (eccezion fatta per le Belgian IPA) e poi si sono affermati nel Vecchio Continente, Italia compresa. Ma quella delle varie American IPA, DIPA & co. è tutta un'altra storia... quella delle originali India Pale Ale inglesi, per ora, finisce qui.


Fonti: 
- "Amber, gold and black" di Martyn Cornell (2010)
- https://zythophile.wordpress.com/2015/04/11/in-which-i-give-more-badly-written-beer-history-a-good-kicking/
- https://zythophile.wordpress.com/2013/05/14/the-earliest-use-of-the-term-india-pale-ale-was-in-australia/
- https://zythophile.wordpress.com/2011/08/04/four-ipa-myths-that-need-to-be-stamped-out-for-ipaday/
- https://zythophile.wordpress.com/false-ale-quotes/myth-4-george-hodgson-invented-ipa-to-survive-the-long-trip-to-india/
- http://www.seattlepi.com/news/article/Grant-s-brewpub-leaves-legacy-to-drink-to-1197281.php
- http://www.tri-cityherald.com/2008/11/10/379315/duo-see-frothy-future-for-yakima.html
- http://en.wikipedia.org/wiki/Sierra_Nevada_Brewing_Company#cite_note-ogle-6

3 commenti:

  1. Ho trovato questo articolo veramente completo e ben fatto!
    Sapresti consigliarmi un buon libro in italiano sulla storia della Birra?

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    1. Ciao, scusa per il ritardo della risposta. Un libro in italiano che tratta bene la storia dei più importanti stili birrari è senza ombra di dubbio "Degustare le birre" (2013) di Randy Mosher - Edizioni FAG Milano. Un altro libro carino, ma meno tecnico, che dedica una parte alla storia generale della birra è "Birra" (2010) di Daniela Guaiti e Gio Pozzo - Giunti Editore. Il primo costa di più ma è più completo.

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  2. Degustare le birre me l'hanno consigliato in molti e mi è arrivato oggi!
    Non vedo l'ora d'iniziare a leggerlo.

    Complimenti ancora per il blog e continua così ;)

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